Per la 22esima edizione prevista la presenza di oltre 3.000 brand (con una lista di attesa di 600 aziende), oltre 2.000 top buyer della grande distribuzione italiana e internazionale provenienti da Stati Uniti, Germania, Spagna, Francia, Regno Unito e Medio Oriente, una nutrita delegazione giapponese e il ritorno della Cina dopo lo stop per la pandemia.

La manifestazione del settore agroalimentare made in Italy, frutto della consolidata collaborazione tra Fiere di Parma e Federalimentare è in programma nel capoluogo emiliano dal 7 al 10 maggio con l’obiettivo ambizioso di battere ogni record precedente.
Con 120mila mq di superficie espositiva distribuita su 8 padiglioni delle Fiere di Parma, Cibus 2024 punta ad offrire uno spaccato completo del settore alimentare italiano, presentando in fiera tutto il meglio dei principali settori dell’agroalimentare made in Italy: prodotti freschi, carni, salumi, dairy, piatti pronti e surgelati, oltre alla sezione grocery, con pasta, conserve e condimenti, pilastro del nostro export agroalimentare.

Il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle ForesteFrancesco Lollobrigida, in una conferenza stampa insieme al presidente di Federalimentare, Paolo Mascarinoall’amministratore delegato di Fiere di Parma, Antonio Cellie e al presidente di Ice, Matteo Zoppas ha dichiarato: “Il made in Italy è l’insieme delle migliori qualità che possiamo offrire. Dobbiamo raccontare al resto del mondo l’eccellenza del sistema agroalimentare italiano facendo conoscere sempre di più i nostri prodotti”.

Nonostante l’orizzonte del settore sia molto incerto a livello globale per l’incertezza degli scenari internazionali e delle normative intra ed extra Ue, nel 2023 l’export, secondo i dati Istat, anche con un leggero calo dei volumi, ha registrato un valore pari a oltre 52 miliardi di euro, con un aumento del 6,6% rispetto al 2022.

Sul fronte dei prezzi alimentari al consumo, i dati di Federalimentare segnalano un aumento superiore all’inflazione, per fattori esogeni alle imprese. Una tendenza evidente anche nei primi mesi del 2024. Nel 2023, a fronte di un’inflazione media del 5,7%, i prezzi al consumo del comparto si sono attestati al +9,8% e questi aumenti non riusciranno a coprire l’impennata dei costi di produzione. Segnali ulteriori di vulnerabilità emergono guardando anche le macro quotazioni internazionali delle materie prime agricole, che nel decennio 2014 – 2024 sono tutte cresciute a doppia cifra (fonte Banca Mondiale). Elementi che si sommano, secondo Federalimentare, alle tensioni delle importazioni cerealicole che – anche a causa del conflitto Ucraino – sono ad alto rischio con evidenti conseguenze sulla volatilità dei prezzi dei prodotti che sono alla base della dieta mediterranea.

Fonte: Alimenti news.it