Non si può escludere che il vaiolo delle scimmie possa trasmettersi anche attraverso alimenti contaminati. È questo il parere dell’Agenzia nazionale francese per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (Anses), che lo scorso 5 luglio ha pubblicato i risultati della sua analisi del rischio di diffusione del monkeypox attraverso la catena alimentare, epidemia che è stata ufficialmente dichiarata emergenza per la salute pubblica di livello internazionale lo scorso 23 luglio dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità.

In tutto il mondo, dall’inizio dell’anno sono stati registrati oltre 19mila infezioni, con una distribuzione allarmante: a partire dal mese di maggio un gran numero di casi si è verificato in paesi al di fuori del continente africano, senza una precedente storia di diffusione della malattia. L’allerta è particolarmente elevata in Europa dove la situazione è considerata ad alto rischio: nei paesi europei, secondo i dati dell’Ecdc,  tra il 9 maggio e il 1° agosto sono stati registrati 12.186 casi confermati di vaiolo delle scimmie, di cui 479 in Italia.

Il virus monkeypox (Mpxv) si trasmette entrando in contatto con le caratteristiche lesioni cutanee di una persona infetta, ma anche attraverso le goccioline respiratorie. Tuttavia, a partire dal 1970 (anno della prima infezione umana confermata), l’Anses ricorda che in almeno 20 focolai di vaiolo delle scimmie è stata sospettata una possibile trasmissione della malattia attraverso alimenti contaminati. Diversi casi di vaiolo delle scimmie, nel corso degli anni, sono stati associati al consumo di carne di animali selvatici, che potrebbe essere contaminata dal virus. Tuttavia non è stato finora possibile accertare la trasmissione in seguito all’ingestione di nessun altro alimento.

Nonostante questo, secondo l’Anses, sulla base dei dati disponibili non è nemmeno possibile escludere completamente l’eventualità di una trasmissione per via alimentare.

Un alimento – scrive l’Agenzia francese – può essere contaminato direttamente da un malato, in particolare se questo lo manipola mentre presenta lesioni o croste sulla pelle. Il cibo può anche essere contaminato dopo il contatto con una superficie contaminata. La trasmissione all’uomo attraverso il cibo potrebbe quindi avvenire per ingestione o manipolazione del cibo contaminato.

Per ridurre al minimo il rischio di contagio per via alimentare, l’Anses ricorda di rispettare le buone pratiche igieniche. In particolare, si raccomanda alle persone che presentano delle ‘ferite infette’ di qualsiasi origine di non manipolare alimenti e non cucinare per altre persone. Lo stesso vale per le persone che mostrano sintomi compatibili con il vaiolo delle scimmie – eruzioni cutanee, febbre, mal di testa, fatica, dolori muscolari – anche in assenza di diagnosi. Senza dimenticare che le persone con infezione accertata devono isolarsi, proprio come per il Covid.

Queste regole dovrebbero essere rispettate in maniera ancora più stringente per gli operatori della ristorazione e dell’industria alimentare. In particolare ai lavoratori dovrebbe essere comunicato come riconoscere i sintomi della malattia per identificare il più velocemente possibile le infezioni. Allo stesso tempo non si devono trascurare le buone pratiche di igiene ambientale nelle cucine e negli impianti di lavorazione, perché il virus del vaiolo delle scimmie è particolarmente persistente.